incipit
Morirono nella notte
Il mistero della White House Farm
L’ultima volta che cenarono insieme, Sheila Caffell e i genitori adottivi Nevill e June Bamber litigarono. Era martedì 6 agosto 1985. Motivo di discordia fu l’affidamento dei figli di Sheila, i gemelli di sei anni Daniel e Nicholas, che tuttavia morirono nella notte.
Storia terribile della bambine di Marsala
In seguito, chiunque se ne ricorderà; le tre bambine che tornano da scuola, le sparizioni, il mostro, i processi e le chiamate in correità .
Se ne ricorderà chiunque scriva di Cesare Terranova e Lenin Mancuso, uccisi dalla mafia, di Giangiacomo Ciaccio Montalto, ucciso dalla mafia, persino di Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso dalla mafia, che in questa storia entra solo in una notte, la più tremenda delle notti, ma pur sempre una soltanto.
All’epoca, i giornali fanno titoli cubitali, non solo in Sicilia, non solo in Italia. Il sette novembre del 1971 la prima pagina di un quotidiano francese è:
“In Sicilia il delitto più mostruoso del secolo”
Decenni dopo, i racconti dei marsalesi sono raggelanti.
Nessuno ha dimenticato, ma la storia è così atroce e semplice che ancora oggi nessuno vuole crederci, deve esserci altro, un’altra spiegazione. La mafia stragista, una banda di criminali senza scrupoli, le più terribili droghe, le orge sataniche, un complotto dei poteri forti. Deve esserci un’altra spiegazione. Devono esserci da qualche parte i potenti e gli impuniti, quelli che “lo dissero e lo fecero”. Non può esistere un mostro così.
E invece sì.
Il bacio della bielorussa
Youssef, cerata gialla, pantaloni antiacqua e cappello da pescatore, con un gesto del capo ordina di gettare il cadavere in acqua.
Krakau lo guarda e non obbedisce.
Spiega il marocchino: «Se arrivano, la polizia dico, non possiamo scaricare, ci saranno ore da perdere e non possiamo andare a casa. Mi capisci.»
«Se ci vedono? Qualcuno alle finestre?»
Youssef osserva il cadavere gonfio e si guarda intorno. É l’imbrunire e si vede poco. Sulla strada che costeggia il canale alcune finestre sono illuminate. Una luce proviene da un battello ormeggiato a pochi passi.
Martina che cantava a Capodanno
(dall’antologia “Palermo criminale”)
Martina aveva deciso che non avrebbe vissuto nel 2005 e si sparò l’ultimo dell’anno un minuto prima della mezzanotte. Usò la pistola che era stata di suo padre. I vicini sentirono lo sparo ma pensarono a un botto di capodanno, e poiché Martina era sola al mondo e anche il fidanzato l’aveva lasciata da mesi, nessuno ritrovò il corpo fino al 9 gennaio.
La notte del gatto nero
Alzò la testa dal cuscino e guardò la sveglia. La pioggia picchiettava sulla finestra. Le cifre rosse dicevano: tre e trentadue.
Il telefono suonava.
Giovanni Ribaudo si rese conto che suonava da tempo. Da quanto tempo non lo sapeva, ma capì di avere sognato a lungo un telefono che suona.
Si voltò verso la moglie Vera, la vide muoversi appena, gli occhi ancora chiusi. La sentì borbottare. La sveglia segnava sempre le tre e trentadue.
Pensò: chi chiama alle tre e trentadue?
Il telefono smise di suonare.
Il giapponese cannibale
Il giapponese cannibale conobbe la studentessa un mese prima di mangiarne il seno condito con piselli, patate e senape di Digione. La incontrò in un’aula dell’università di Parigi. Studiavano letterature comparate.
I cani di via Lincoln
Il viso della madre è un’espressione di terrore. É stata torturata.
Anche i bambini sono morti. I corpi sono distesi davanti alla madre che non ha potuto proteggerli. Ci sono bicchieri rotti e mobili rovesciati. La madre ha provato a lottare.
Il tenente Nino Cascioferro guarda i cadaveri e pensa: avrei dovuto salvarli. Avrei potuto farlo, se solo avessi agito prima, se solo avessi capito prima. Quando finirà questa guerra?
Il sangue degli altri
A Khankalà sono le quattro e dieci del mattino, fine marzo, uno spicchio di luna.
A Khankalà c’è freddo.
Sopra la cornice della porta c’è una placca metallica lunga e stretta. Su sfondo bianco, la scritta in russo: КОМАНДИР, Komandir. La porta è malmessa, l’ultimo strato di vernice si sta scrostando. Appena si varca la soglia, si sente l’odore del sangue, del sudore, delle lacrime.
Luiza ha diciassette anni.
Luiza l’hanno torturata per tre ore.